L’Armonia Silente: Danza Surreale e Lirismo nell’Informale di Graziano Rey



L’opera di Graziano Rey si erge a manifestazione esemplare nel flusso continuo dell’Informale contemporaneo, un apice di lirismo e levità che travalica la mera contingenza materica per risolversi in una dimensione di musicalità ultraterrena. L’artista, erede di una tradizione che affonda le sue radici nell’immaginario fiabesco di Chagall e nella spiritualità cromatica di Kandinskij, non si limita all’atto mimetico, ma orchestra sinfonie visive, dove il tratto gestuale si fa nota musicale e lo spazio d’azione armonia.


Il percorso artistico di Rey è un’indagine incessante sul noumeno, sull’invisibile che soggiace al tangibile, come suggerito dal suo ciclo de Le Gabbie. La tela non è un semplice supporto, ma un laboratorio alchemico dove l’olio, le resine, la sabbia e persino il cemento si fondono in una trasmutazione formale. Questo approccio materico, denso e stratificato, lungi dall’appesantire la composizione, ne esalta la leggerezza finale. La materia, incisa e plasmata, emerge come una cicatrice sulla superficie, un residuo archeologico di un’emozione primordiale, ma è immediatamente controbilanciata da ampi spazi di vuoto cromatico.
Il gesto pittorico è un impulso fulmineo e calibrato, un’espressione di quella “spontaneità del gesto espressivo” che connota l’Informale più puro. Si tratta di un tratto che non descrive, ma evoca, sublimando la tela in un “palcoscenico dell’anima”.


La modalità espressiva più distintiva di Rey, specialmente nelle sue ultime creazioni, risiede nella capacità di trasporre il suono in visione, un fenomeno che potremmo definire Minimalismo Musicale. Opere come Un mondo di colori o Incontro casuale sono l’esempio emblematico di questa poetica.


In Un mondo di colori, il fondo monocromo, un grigio etereo e quasi impalpabile, funge da silenzio cosmico. Su questo supporto si dispongono, come costellazioni in dissolvenza, agglomerati cromatici di blu, viola e bianco. Non sono forme compiute, ma vortici energetici, “elementi eterei sospesi in un vuoto lirico”. Le pennellate bianche, rapide e spiraliformi, agiscono come arpeggi o trilli, conferendo a ogni macchia di colore l’identità di una nota musicale. La composizione respira; i vuoti tra i nuclei cromatici non sono assenze, ma pause ritmiche, silenzi che amplificano la risonanza delle forme. È in questo equilibrio dinamico tra pieno e vuoto, tra il gesto denso e la campitura rarefatta, che si manifesta la musicalità ultraterrena richiesta, un eco di armonie celesti.


La mostra si propone di non esporre singole tele, ma di orchestrare un dialogo surreale tra esse, una “danza comunicativa che intreccia respiri e sogni”. Questa prospettiva critica trova una perfetta risonanza nella poetica di Rey, il cui lavoro è intrinsecamente relazionale.


Le opere, pur nella loro autonomia, sono frammenti di un unico sogno onirico primordiale.


“Incontro casuale”, con la sua dominante cromatica magenta o rosso terra, introduce una nota di passione e radicamento, un “turbine delle emozioni umane”. La forma centrale, quasi antropomorfa eppure completamente astratta, sembra emergere da un magma emotivo.
“Frammenti sul verde” e “L’isola che non c’è”, offrono variazioni sul tema del vortice e del frammento. Il verde salvia di Frammenti sul verde crea un’atmosfera di quiete meditativa, un “silenzio primordiale” da cui le forme blu e arancio, più dense e materiche, erompono con forza quasi tellurica. L’isola che non c’è, con il suo turchese profondo, evoca invece la dimensione acquatica e l’anelito all’altrove.


Il dialogo surreale si instaura proprio nella giustapposizione di queste atmosfere: la levità aerea di Un mondo di colori, dialoga con la densità emotiva di Incontro casuale; il silenzio terrestre di Frammenti sul verde risponde all’eco marino di L’isola che non c’è. Le tele si scambiano respiri – gli intervalli del fondo – e si intrecciano in una coreografia di sogni – i nuclei cromatici in movimento. L’osservatore è invitato a muoversi nello spazio espositivo come in una partitura, dove ogni opera è un movimento e la mostra intera è la sinfonia.


Tutto questo ci conduce al cuore della poetica di Rey: il “sogno onirico primordiale”. Le sue opere non raccontano sogni specifici, ma evocano lo stato stesso del sognare. Ci portano in una dimensione pre-logica, dove le emozioni si manifestano come pure vibrazioni.


Il filosofo francese Gaston Bachelard scriveva: “La rêverie è un universo in emanazione, un soffio odoroso che esce dalle cose per mezzo di un sognatore”. Graziano Rey è quel sognatore, e le sue tele sono il soffio che emana dalle profondità del suo essere.


È un mondo primordiale perché attinge a un immaginario arcaico, dove il tempo ordinario si sospende e un singolo istante può contenere interi universi. È onirico perché, come nei sogni, gli elementi fluttuano liberi, associandosi secondo una logica interna, non razionale. Un tocco di bianco può essere un lampo di coscienza, una macchia scura un’ombra dell’inconscio. È qui che l’arte di Rey tocca una verità profonda, quella che lo psicanalista Carl Gustav Jung descriveva parlando dell’inconscio collettivo come fonte di creatività: un patrimonio di immagini e simboli condiviso da tutta l’umanità. Le opere di Graziano sembrano attingere direttamente a questo serbatoio universale di archetipi.


Il processo artistico di Graziano Rey non è solo pittura, ma una vera e propria condizione dell’essere, un atto creativo che ci costringe a interrogarci sul limite tra il visibile e l’invisibile, tra il suono e il silenzio. La sua opera è un invito a non essere “semplici spettatori”, ma a partecipare attivamente a questa danza cosmica, ritrovando nel lirismo dei suoi colori l’armonia perduta.


MariaLibera Amato


Critica in occasione della mostra di Torino Novembre 2025  alla galleria LA TELACCIA





















2024-2025 LA DANZA DEI COLORI Dall'immaginario e fiabesco mondo di Marc Chagall,
fatto di sogno e colore e il mondo creativo di Vasilij
Kandinskij considerato il padre fondatore del
movimento artistico denominato “astrattismo” , che
prende spunto Graziano Rey per presentare il suo nuovo
ciclo dedicato al “Colore musicale” .
Quindici tele di contrasti cromatici, il fondo satinato
permette al dipinto ad olio di avere migliore risalto e
spessore e poi un girotondo di inneschi di colori stretti in
una danza asincrona rilasciata nell'immaginario delle sue
emozioni. Quello che trasmette è un allegoria musicale,
una danza dei colori, che ci riporta all'infanzia, un
primordiale tuffo nel nostro inconscio fatto di musica e
colori.
Possiamo chiamarlo “Minimalismo musicale” oppure
“Immaginario collettivo” un flusso mimetico e
connettivo, costruito su narrazioni e immagini e basato
su una intensa partecipazione del non razionale e dei
sensi, su cui si basa il gioco di interazione tra gli individui e
le tele compiute.
 The dance of colors
From the imaginary and fairy-tale world of Marc
Chagall, made of dreams and color and the creative
world of Wassily Kandinsky In this context my
research started from the texture of the canvases in
search of chromaticcontrasts, from the
homogeneous satin background which allows the
oil painting to have better prominence and depth
and then a round of close color triggers in an
asynchronous dance released in the imagery of my
emotions. What I want to convey is a musical
allegory, a dance of colours, which takes me back to
childhood, a primordial dive into my unconscious
made of music and colours.We can call it "Musical
Minimalism" or "Collective Imaginary" a mimetic
and connective flow, built on narratives and images
and based on an intense participation of the nonrational
and the senses, on which the game of
interaction between individuals and the completed
canvases is based .From a quote from my life
partner Silvana Borio” Color is a means of exerting a
direct influence on the soul, color is the key, the soul
is a piano and with this or that key it makes the soul
vibrate..


Ciclo delle gabbie: L’immaginario limite cogliere ciò che non si vede, il noumeno. Nella filosofia di Platone, il noumeno rappresenta tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile, invero, l’esigenza di cogliere ciò che non si vede, l’immaginario, tutto ciò che è posto al di là dei nostri sensi. Stretti nella gabbia del conformismo e schiavi (tutti noi) di rigide sbarre, attraverso l'arte, costruiamo nuovi spazi e orizzonti. L'artista è un creatore di mondi : il buon artista è quello che riesce ad ingannare gli spettatori , ed il buon spettatore è quello che si lascia ingannare dall'artista.

12 agosto 2024 "Ai confini della terra" Tempio Valdese dei Coppieri e sala Unionista di Torre Pellice
Li dove l'infinito segna la divisione tra terra e cielo , tra lo spirito e la materia, il noumeno ci regala attimi di riflessione sulla netta divisione tra il colore e la luce dello spazio e il materico industriale e pragmatico radicato materialismo. Due materiali che creano un antitesi un ossimoro un conflitto una lucida follia tra il vissuto e l'irreale.



27 Luglio 2023 (La gabbia)
L’immaginario limite cogliere ciò che non si vede, il noumeno. Nella filosofia di Platone, il noumeno rappresenta tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile, invero, l’esigenza di cogliere ciò che non si vede, l’immaginario, tutto ciò che è posto al di là dei nostri sensi. Stretti nella gabbia del conformismo e schiavi (tutti noi) di rigide sbarre, attraverso l'arte, costruiamo nuovi spazi e orizzonti.
                  Graziano Rey


10 gennaio 2021
In questo mio primo articolo voglio parlarvi di un tema a ma molto caro l'Arte del riuso di Graziano Rey
Ogni materiale racconta una storia e cela tra le sue righe un percorso di vita, un filo conduttore che ci ricorda un periodo della nostra vita, del nostro fare quotidiano. Quando viene dismesso, finisce accatastato nelle cantine, nei solai o peggio ancora abbandonato nelle discariche.
Di qui nasce l’idea di utilizzare supporti in ceramica, tegole, scatole e altri materiali abbandonati che ridipinti e restaurati possano così raccontare, senza nulla nascondere, sia la storia degli oggetti, sia l’impronta creativa dell’artista.
L’artista in questo caso raccoglie l’eredità dell’oggetto e lo lavora, lo sovrappone, lo scompone e ricrea una nuova dimensione, ridando vita ad un oggetto altrimenti destinato all’obsolescenza e all’abbandono.
Questo stimolo risente molto dell’influenza – ancora in parte presente dell’attuale sistema dell’arte – della filosofia di Marcel Duchamp, secondo la quale ogni oggetto può essere arte. L’artista non è un replicante, un accademico disegnatore, un copista o un bravo artigiano, è un creatore di emozioni.
In alcuni casi l’arte diventa provocazione, come nel caso di Piero Manzoni che realizza le scatolette di aria d’artista o di altri che con tagli e detessiture hanno fatto vivere lo spazio dietro la tela (Fontana, Emblema) oppure, diversamente, hanno osato decomporre oggetti di uso quotidiano (Arman).
È così che a partire da queste premesse ha avuto inizio da Torre Pellice nel 2017 e per opera di Graziano Rey un progetto che ci ha portato ad avvicinarci sempre di più alla politica del recupero dei materiali.
Graziano ha realizzato in questi anni una serie di lavori legati all’arte del recupero e a partire dai quali seguirà al più presto una mostra dedicata al “Riuso”. recuperando lamiere, mattonelle, copri water, stracci, fili di ferro, tegole e altro Graziano ha assemblato questi lavori, portandoli a nuova vita con l’intento di regalare al pubblico le emozioni che io ho provato nella loro realizzazione. Graziano Rey



Novembre 2020
Da un intervista dello scrittore Francesco Rodolfo Russo da il giornale "Autonomia scolastica"

D: Riflettendo su una società condannata a produrre all’infinito, il recupero dello scarto, per farlo assurgere
a opera d’arte, può invogliare i giovani ad avere cura diversa degli oggetti?
R: Sicuramente le nuove generazioni sono più attente forse perché vivono in una società al limite e loro ne sono consapevoli, anche se spesso il loro modo di vivere non è conforme alle regole che si impongono, perché nati in un epoca di gran consumo (usa e getta). Quando io ero piccolo ricordo che ci si ingegnava, per esempio, per costruire una cerbottana recuperando un pezzo di tubo, delle mollette, non c’era ricchezza quindi con l’aiuto della fantasia si realizzava il gioco. Ora il futuro lo vedo molto difficile.!
D: In un mondo che brucia tutto a volte in qualche attimo, che cosa suggeriresti a un giovane che volesse
iniziare una delle carriere che tu hai intrapreso?
R: Di prendere tutto con passione gioia, divertimento, umiltà e voglia di comunicare, senza dimenticare che per raggiungere dei risultati ci vuole molta costanza e studio, ma di fondo se non c’è il talento a nulla serve. Quindi avere una buona dose di autocritica e delle buone amicizie.
D: Che cosa potrebbe fare la scuola per indirizzare meglio gli studenti dopo la maturità?
R: La scuola utilizza i meccanismi della didattica, ma l’esperienza te la fai sul campo, una volta ricevute le basi, devi proiettarti nel mondo avvicinandoti il più possibile ai temi del quotidiano. Seguendo il proprio talento creare gruppi che hanno interessi in comune e dedicare anche tempo alla pratica dell’attività.
D: Quanto sarebbe d’aiuto avvicinare le persone che hanno qualche disabilità con un progetto
interdisciplinare che comprendesse la musica, la recitazione, l’arte, educandoli anche al riuso dei
materiali di scarto?
R: Di fondo ogni forma di arte creativa, avvicina l’uomo, un esempio la musica è un linguaggio universale, l’arte figurativa è provato avere un importanza terapeutica, i diversamente abili, i pregiudizi razziali e le differenze sociali non sono compatibili con l’arte.
L’arte è un dono che ognuno di noi (non per questo famoso) possiede. Ci mette in contatto con una sfera emozionale, un mondo parallelo dove non esistono confini e differenze. Educhiamo i ragazzi al riuso dei materiali, perché gli oggetti passati hanno hanno una storia. Ridare vita agli oggetti e un po' come ridare a noi la memoria.